Miscellaneous Beliefs

Red Ribbon Around The Steering Wheel

From Denise Lovasco Denner - 7 Aug 1996:

I remember my grandmother was always worried about 'curses' and she always seemed so superstitious. One thing that stuck with me was the use of a red ribbon. Whenever a family member bought a new car they had to bring it to Grandma. She would tie a red ribbon around the steering wheel while saying some prayer or verse and then she would toss in a pinch of salt. I'm not sure of the significance of all this but she was convinced ( as were the rest of the family) that this would prevent serious accidents. Even though my grandma died when I was only 12, I have always kept a red ribbon around the steering wheel of my cars. I have added a St. Christopher medal to the ribbon (can't be too careful).


Healing with String & Abating Storms with Blessed Palm

From John Prave - 17 May 1996:

My grandmother used to perform a ritual cure that involved a lengthy piece of string. She would draw forth the string in segments, measuring each segment from the tip of her elbow to the tips of her fingers, and with each drawing forth of a segment of the string she would recite certain prayers. I believe that if the came out even, that is if the last segment corresponded to the distance from her elbow to her fingers, then it was an auspicious sign that the cure would work. This was a ritual that was passed on from mother to daughter and she would not reveal any of the prayers which she prayed or any of the other particulars. I know I don't recall exactly how it went, but my description here is fairly accurate.

Also, I recall on the occasion of a very severe thunder storm that my grandmother took some dried blessed palms that were in the house since the previous Palm Sunday. She set them afire and tossed them out into the storm. Within a very short time the storm abated.


Mustard Plaster and Those Candles

From John Castagna - 23 Sep 1996:

The smell from the mustard plaster is still clear in my mind. Since mustard plaster is still commonly used today, I guess that its benefit has been proven (?) for colds and such. What I never understood, however, were those lit candles that my mother used to put on my chest and then place a glass over them until the flame went out. There was supposedly some old world idea that the vacuum (formed by using up the oxygen under the glass) would suck the sickness out of your chest. I don't know how well they cured sickness, but hot wax dripping down my chest was never very high on my list of favorites.


Halloween

From Rose Albrizio, 10/19/96:

Now that fall is here and Halloween is coming, can any of the PIE-sanis help me with these two seasonal requests.

1. A recipe for Ossi dei Morti - bone-shaped hard cookies with a meringue topping.

2. Can anyone complete the words to the following fragment of a pattycake rhyme, probably in dialect, which I vaguely remember my grandmother playing with me. It ended with taking the baby's hands and slapping her face.[No it wasn't child abuse - just taking her hands and touching her face stinging slap].

Mani, Mani Morti

Tutti s'en apporti

. . ......................

un' bella schiaffatone.

Rose Albrizio rambler32@aol.com


Grass Cross & Ghosts

From Bob Russo, 8 Nov 1996 (Ripabottoni, Campobasso & Foggia):

...Most of what little I know came from my mother and grandmother. I do know the people there were very superstitious as evidenced by some of the things my grandmother used to do. . .like making a cross from two wide blades of grass and pinning it to the ground with a knife in the center. This was supposed to prevent being hit by lightning in an electrical storm. Also, they believed you could see the dead on All Souls Day if you peered through a pitchfork!

She was also convinced that she saw a ghost -- a woman who suddenly appearednext to her as she was walking home at dusk from working in the fields. The woman talked with her, then as they approached a cemetery, told her that she was leaving and not to look back. Now frightened, my grandmother began to run and as she looked over her shoulder she says she saw a form flying toward the cemetery.

Of course I don't believe a word of any of it, but just to be sure, I do sometimes resort to the grass cross although we seldom get electrical storms here in California! >grin<


"Mau Mau"Ghost

From Jo Tedesco:

I heard an interview yesterday with the leader of an acoustic (imagine!) band called Mau Mau from Torin. This band apparently sing in the Piedmontese dialect. What was interesting though was that the lead singer said that they called the band Mau Mau because apart from being the Kenyan? political/nationalist movement from the 60s it was also a word which in dialect meant someone who was dirty/poorly dressed etc. Also they were a very multicultural band.

In my dialect my parents would talk about the mau mau - but it meant something like a 'non-existent' ghost. For example - if the door were to suddenly slam shut and somebody said - what was that? the answer could be "era lu mau mau". Anyone else use this term?

Forme e termini della medicina popolare a Gela citta' di mare:

Dal sito di Gela: http://www.gelacittadimare.it/terapie.html

Terapie

 

FORME E TERMINI DELLA MEDICINA POPOLARE A GELA:

LA MALATTIA COME EVENTO SOCIALE.

Antico proverbio:

Sapi cchiù lu malatu patutu ca lu medicu saputu.

 

Questo lavoro è il frutto di una ricerca fatta a Gela, mia città natale, e vuole essere uno studio sulle ampie problematiche relative alla medicina “tradizionale” e di come la società gelese, e siciliana in più generale, affronta il problema non secondario della malattia. Ho cercato di tracciare un quadro delle interpretazioni della malattia in relazione alle credenze magico-religiose quindi ho ritenuto importante sottolineare l’aspetto sociale della malattia, di come essa risulta essere un evento strettamente collegato ai vari aspetti della vita quotidiana.
Nel mondo occidentale, le diagnosi e le terapie messe in atto per affrontare gli stati patologici che in diversa natura affliggono l’umanità, sono strutturate sulla base di quelle conoscenze scientifiche e tecnologiche che costituiscono l’asse portante del suo processo evolutivo. Questo non succede in tutte le società, innanzitutto per l’assenza di quelle conoscenze ma anche per la presenza di concezioni differenziate sull’eziologia della malattia, sul suo significato sociale, corporeo e simbolico. Tale diversità implica un problema di ordine non solo terminologico, infatti quando si contrappone la medicina moderna a quella tradizionale spesso la differenza implica un attitudine valutativa nel senso che la prima è considerata superiore qualitativamente rispetto alla seconda. Non vi è dubbio che esistono sostanziali differenze, ma esse non dovrebbero implicare un giudizio di valore quando sono affrontate da un punto di vista antropologico. Si può desumere come la peculiarità della medicina tradizionale sia stata a lungo individuata proprio nella mancanza di quella razionalità, che si riteneva prerogativa esclusiva del pensiero occidentale, e che finiva per connotarla negativamente relegandola in un ineludibile posizione di inferiorità.
Ma fra i numerosi elementi che differenziano i due sistemi, la rilevanza sociale della malattia è, a mio avviso, uno dei più significativi. Nelle società “tradizionali”, caratterizzate da un controllo insufficiente delle risorse, il fatto che si tirino in ballo forze extraumane e stregoni risponde ad una logica interna per certi versi non contestabile dall’esterno. E’ infatti solo in rapporto ad uno specifico sistema sociale, religioso, e simbolico che la malattia trova un senso: inoltre, spesso il guaritore non è solo uno specialista della cura ma un arbitro sociale, colui che mantiene i contatti con il mondo extraumano; egli lavora per mantenere l’armonia tra l’uomo, la società e il suo ambiente. La malattia, in ambito tradizionale, è vissuta dagli stessi soggetti che ne sono afflitti  non come prodotto della casuale aggressione di un’astratta entità “malattia” ma viene interpretata in base a fatti, sentimenti, azioni che hanno creato nel soggetto una catena causale il cui ultimo anello è rappresentato dallo stato di infermità. Le cause dei malesseri sono spesso ricercate nell’ambito dei rapporti sociali: ciò deriva dal fatto che in gran parte dei sistemi medici tradizionale si crede che una persona si possa ammalare per la scorrettezza del proprio comportamento, sia per quello dei suoi familiari; la terapia volta a ristabilire corrette modalità del vivere sociale, eliminando così, la causa del malessere, coinvolgendo spesso tutti i componenti del gruppo.

Oggi a Gela, dove l’economia locale è fortemente dipendente dal complesso petrolifero dell’Enichem, in seguito ai licenziamenti e alla chiusura di vari complessi all’interno della stessa struttura, si sta vivendo un periodo economico abbastanza delicato; le conseguenze si risentono molto anche nel versante culturale. La riscoperta di certe pratiche culturali, è in questo momento, più forte che mai, si sente forte il bisogno di ricorrere a certe modalità che offrano delle certezze, che possano compensare le incertezze del momento. Nelle comunità rurali ( e non solo, come il caso di Gela attesta) delle società avanzate le tecniche curative tradizionali e tutte le credenze che orbitano attorno non hanno smesso di avere un ruolo rilevante; la vita quotidiana è ancora oggi pervasa dalla presenza di spiriti e scandita da eventi che possono causare malesseri curabili solo con interventi terapeutici di tipo tradizionale: accanto alla tecnologia scientifica, l’operatore di spiriti e santi  è tutt’ora determinante per la riuscita della terapia. Del resto, medicina tradizionale e complesso magico-religioso spesso arrivano a fondersi; il guaritore e l’operatore sacro si identificano nelle tecniche curative, si utilizzando ampiamente preghiere a santi come implorazioni agli spiriti; le medicine, le erbe e gli infusi utilizzate dalle varie tecniche curative sono soltanto l’aspetto empirico dell’intervento; è nella forza del soprannaturale che il malato ripone interamente la sua fiducia. Il momento operativo determinante della cura spesso consiste nella richiesta di guarigione agli esseri del mondo extra-urbano. L’invocazione è infatti l’aspetto primario della cura: non si deve tralasciare nulla, ogni riferimento ed ogni parola devono essere formulati nella giusta sequenza; dire di più o meno può arrecare danni ancora maggiori della stessa malattia.

 

LE MALATTIE TRADIZIONALI A GELA.

Vermi e scantu.

Nella cultura popolare siciliana è ancora consistente che all’origine di molte malattie  vi siano o uno scantu o il malocchio o una fattura.
Scantu significa spavento, paura improvvisa, ma con questo termine sono indicate anche la susseguente malattia e la terapia relativa. Dire che una persona ha lu scantu  significa dire che quella persona ha tutti i sintomi relativi alla malattia da scantu, cioè mal di pancia, febbre, nausea, vomito e nei casi più gravi anche difficoltà a respirare; nei bambini anche un pianto insistente può essere utile per diagnosticare uno scantu. Lo spavento può essere provocato da qualsiasi cosa: assistere ad un evento spiacevole, un rumore improvviso, un incidente d’auto,  essere assaliti da un animale, cadere dalle scale o da un albero; ogni accadimento può essere fonte di scantu.  Lu scantu  colpisce con maggiore facilità le persone più deboli come i bambini, le donne e i vecchi ma tutti sono soggetti a scantarsi. Mia nonna dice: tutti pozzunu avillu, basta chi na pirsuna si scanta (tutti possono averlo basta che una persona si spaventa). Una volta diagnosticato, non sempre è facile ricondurlo ad un evento accaduto nella realtà.
La malattia che consegue allo scantu nell’ambito gelese è quella dei vermi. Nella concezione popolare del corpo si pensa che tutti abbiamo dei vermi collocati nel basso ventre che risiedono all’interno di un non precisato sacchetto; l’effetto scatenante, lu scantu, fa si che questi vermi escano dal proprio sito naturale attaccando le pareti dello stomaco e che all’interno dello stesso si muovono risalendo, fino ad attaccare la gola; una volta che i vermi arrivano alla gola si può morire per soffocamento. La descrizione di questi vermi appare a volte sommaria e confusa anche da parte degli stessi terapeuti; del resto, dal punto di vista della medicina moderna, essi non sembrano essere identificati. Da una sommaria analisi parebbe che i vermi siano una parassitosi dovuta da un’ infestazione di “ossiuri” e/o “ascaridi”; una prima differenza mi è stata data da Miluzza: Avemmu ddu tipi di vermi, chiddi rossi chi sunu chiddi normali chi c'avemmu tutti; poi ci sunu chiddi piccili, comu ad esempiu, chiddi chi fa u formaggiu, chisti sunu ancora cchiù tinti: fannu veniri l’anemia, mangianu tuttu, addirittura si infettunu. A ma figlia, cci vinninu quannu sinniu o bagnu, basta unu che si rifuggia intra on corpo e iddi si riproduciunu. Chisti vermi i curunu i merici, addirittura sa disinfettare a biancheria. (Abbiamo due tipi di vermi, quelli grossi che sono quelli normali e che abbiamo tutti, poi ci sono quelli piccoli, come per esempio quelli che fa il formaggio, questi sono ancora più pericolosi: fanno venire l’anemia, mangiano tutto, addirittura si infettano. A mia figlia, che li ha presi quando è andata in bagno, basta che uno si rifugia dentro il corpo e si riproducono. Questi vermi li curano i medici addirittura si deve disinfettare la biancheria).
Vi è poi un altro tipo di parassita: quando una persona mangia di continuo e in grandi quantità, si dice che ha  u vermi tagghiarinu (il verme tagliarino) ossia nel suo corpo dimora un parassita che, in base alle informazioni raccolte, pare sia la Tenia. Per debellarlo si utilizza diffusamente la semenza di cocuzza di giara ( il seme della zucchina bianca).
Quindi abbiamo due tipi di vermi, un tipo che risiede normalmente nel nostro corpo la cui esistenza è assodata a tal punto da non chiedersi nemmeno il perché della sua esistenza; quei vermi fanno parte del nostro corpo a tal punto che nemmeno i medici possono curarli dato che non credono alla loro presenza; l’altro tipo, invece, proviene dall’esterno ed essendo estraneo al normale equilibrio del corpo può essere curato dalla farmacopea ufficiale. Quasi tutti i siciliani sono stati almeno una volta nella loro vita da qualcuno/a che gli ha fatto i vermi; io stessa ho dei ricordi della mia infanzia, di mia nonna che periodicamente mi faceva i vermi perchè soggetta a spaventarmi facilmente.
La diagnosi di scantu può essere fatta da chiunque, dalla famiglia, da una vicina di casa, da una persona più anziana e i sintomi sono molteplici: nu lamentu (un lamento); avia l’occhi i fora ( aveva gli occhi di fuori) ci vinni a frevi ( gli è venuta la febbre); un rispirava ( non respirava); inoltre inappetenza, sudori freddi e quando i vermi sono arrivati alla gola, bava e segni di soffocamento. Di per sé i vermi non sono una malattia grave ma questa la può diventare  se non è curata in tempo, può portare alla pazzia se non addirittura alla morte. Teresa spiega: se ti rrivunu 'nda testa po mpazziri senno addirittura moriri, se si fermanu 'do coddu poi moriri suffucata, sunu pericolosi ( se ti arrivano in testa puoi impazzire o addirittura morire, se si fermano alla gola puoi morire di soffocamento, sono pericolosi.).
Nella rappresentazione popolare i vermi, quando fuoriescono dal loro sito naturale, si incumulanu come na palla ( si accumulano come una palla), e questa palla si muove tutta insieme verso l’alto; lo scopo della terapia è quella di fare scendere questa palla verso il basso, verso il suo sito naturale; se i vermi per qualche motivo muoiono è ancora peggio perchè vanno in decomposizione all’interno dello stomaco e bisogna espellerli: ma figghiu iccau na palla i vermi accumulati gia fradici, poi guariu subitu ( mio figlio ha buttato un palla di vermi accumulati gia fradici poi è guarito subito). Per risolvere il problema dei vermi bisogna rivolgersi dunque ad un calavermi. Il suo compito consisterà nel fare in modo che questi vermi ritornino nel loro sito; il rituale consiste di due parti: una meccanica o gestuale e una oratoria, dove viene recitata l’orazione. La calavermi, diagnostica la malattia toccando lo stomaco del paziente o appoggiando una tazzina di caffè, a cicaredda, unta ai bordi con olio e aglio; se la tazzina non si stacca vuol dire che ci sono i vermi; fatto questo procede facendo dei massaggi sullo stomaco del paziente con movimenti verso il basso in modo da riportare i vermi verso il proprio sito naturale. Mentre effettua il massaggio, recita un orazione. Varie sono le orazioni che ho trovato durante la mia ricerca ma quella più nota è la seguente:

Lunniri è santu
Martiri è santu
Mercori è santu
Ioviri è santu
Venniri è santu
Sabatu è santu
La duminica i Pasqua
stu vurmuzzu ‘nterra casca….

(Orazione popolare)

Mia nonna, finito di recitare quest’orazione aggiunge:

Lunniri è santu, e santu è
Martiri è santu , e santu è
Mercuri è santu e santu è
Ioviri è santu, e santu è
Venniri è santu, e santu è
Sabato è santu, e santo è
La Duminica i Pasqua
Stu vurmuzzu ‘nterra casca
E diventa na frasca.

Fiducia a san Dominicuzzu.

Angelo Custode leva stu male a sta creatura (due volte).

Segue il Padre Nostro e il Credo.
Infine con le mani, segue l’ordine del segno della croce e recita:

Vermi virmiceddu
Siti longu e minutiddu
Ccu la testa muzzicata
E la lingua ‘nsanguinata

(Linda Legname, nonna)

In questa orazione, la pratica viene comparata alla settimana santa, il decorso della malattia corrisponde alla passione e morte di Cristo e la domenica di Pasqua è paragonata al momento della guarigione. Il malato viene identificato con la figura di Cristo. Questo rito si deve eseguire il mattino presto al tramonto per tre volte nello stesso giorno o, in caso di una situazione grave, per tre volte di seguito solitamente la mattina. Un tratto comune che ho ritrovato è che quasi tutte le orazioni si devono dire tre volte al giorno o per tre giorni. Quando chiesi a Teresa “come mai tutte le orazioni si devono dire tre volte”, la risposta è stata immediata e con un tono di rimprovero sul fatto che io, gelese, non conoscessi il motivo che è il seguente: pirchì tri voti si indica la Trinità: Patri, Figghiu e Spiritu Santu (perché tre volte si indica la Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo).
Teresa mi ha detto di conoscere invece due differenti orazioni: una per i casi meno gravi o per quelli fatti per sicurezza, solitamente da recitare una volta soltanto; e un'altra che si recita per giorni consecutivi, in casi un po’ più gravi. La prima è la seguente:

Bedda Matri di Sant’Agustinu
siti principi e siti finu
o chi cci viniti
o chi cci mannati
accussi prestu mu/a liberati

 (Teresa Camiolo, casalinga)

Chiude  infine il Padre Nostro, l’Ave e il Gloria.

 

La seconda orazione è la seguente:

Lu vermi di latafania
ssa mangiatu la vita mia
ssa mangiatu la vita e la ula
lassatimi libira stu/a criaturu/a

(Teresa)

Chiude, infine, con il Padre Nostro, l’Ave e il Gloria.

 

Nella prima orazione si vede come la richiesta è fatta direttamente ed esplicitamente a Sant’Agostino, che viene da Teresa individuato come la figura che è in grado di liberare il paziente dall’infestazione; la seconda orazione invece è molto generica, non viene rivolta a nessun santo in particolare ma è rivolta a chiunque possa intercedere presso i vermi se non direttamente a Dio. Prima di eseguire l’operazione, la calavermi si fa il segno della croce insieme a tutti i presenti. La gestualità è molto importante in questo tipo di pratica poiché molto dipende da come vengono meccanicamente effettuati i gesti. Si inizia, come già detto, con il segno della croce, segue la diagnosi fatta con  a cicaredda o con il toccare il ventre con la mano quindi l’operazione. Prima di fare il massaggio, il terapeuta si ungerà la mano di olio, santificato con il segno della croce; all’olio santo vengono attribuite proprietà terapeutiche in grado, assieme al massaggio, di calmare i vermi. Oltre all’olio, anche ad altre sostanze vengono attribuite proprietà terapeutiche come ad esempio o spirdu ( l’alcool etilico): si pensa che abbia la capacità di fare scappare i vermi che, odorandolo, si rifuggiano verso il basso. Miluzza, invece, mi dice che quando i vermi sono molti lei fa un'altra operazione: Io pigghiu un pezzu di stoffa o garza, nenti cottuni, u pregnu di ogghiu e poi lu mettu nno sedere: i vermi sentunu u sciaviru do mangiari e accussì o postu di cchianari 'nda coddu, scinninu in bassu e così veninu ‘iccati fori attraverso a cacca (Io prendo un pezzo di stoffa o garza, non cotone, lo ungo di olio e poi lo metto nel sedere: i vermi sentono l’odore di cibo e così invece di salire in gola scendono verso il basso e vengono espulsi tramite le feci.
Il sapere dei vermi di solito si tramanda generazionalmente per via femminile, tutte le informatrici sono state concordi nel dirmi che l’orazione di deve imparare durante la settimana santa iniziando dal lunedì fino alla domenica di Pasqua. Mia nonna mi spiega perché bisogna procedere nel seguente modo: Duranti a simana santa, tu comu u Signori passi na simana a priari e a ‘mparariti a orazioni, e a duminica di Pasqua, quannu u Signori resuscita puri tu è comu se resuscitassi; dopo chi u Signori mori tu poi imparariti a curari i pirsuni; Iddru duna i putiri i fari i miracoli, mentre chi u Signori era ‘mprigionato puri Iddru faciva i miraculi (Durante la settimana Santa, tu come il Signore, passi una settimana a pregare e ad impararti l’orazione e la domenica di Pasqua, quando il Signore resuscita, pure tu è come se resuscitassi; dopo che il Signore muore tu puoi imparare a curare le persone; è lui che da il potere di fare i miracoli, mentre che il Signore era in prigione faceva i miracoli). In questo passo dell’intervista è evidente come mia nonna identifichi il percorso del suo apprendistato con la Passione di Cristo e come, nella sua concezione, la morte di Cristo serva a salvare l’umanità fino a concedere la facoltà di fare i miracoli; nel caso dei vermi non si tratta sicuramente di un miracolo vero e proprio dato che la pratica di calare i vermi non è considerato un evento straordinario nella concezione popolare del corpo e della malattia. La calavermi esclude ogni suo rapporto con spiriti ed esseri soprannaturali e, al contrario dei maghi, è una persona di cui aver fiducia e il cui operato non verrà mai temuto. Nessuno nega di essere mai stata da una calavermi, ella è parte integrante del tessuto sociale locale; quello che la differenzia dalle altre persone è il fatto che lei conosce l’orazione giusta per fare guarire dai vermi.

U suli.

Oltre allo scantu, un'altra delle malattie tradizionali trattate a Gela è il “colpo di sole” o meglio ancora u suli. U suli, come u scantu, è una delle malattie che fanno ricadere la causa nel versante della naturalità dato che questa malattia essa sopravviene dopo una lunga esposizione del capo al sole. I sintomi del colpo di sole sono: spossatezza, mal di testa, febbre; nei casi più gravi anche la perdita di  coscienza e confusione mentale.
Gela, per la sua posizione geografica, è esposta ai raggi del sole per quasi la totalità dell’anno e durante la stagione estiva ( che spesso va dai primi di maggio a metà ottobre) il sole è talmente forte che è molto pericoloso esporsi all’azione dei suoi raggi durante le ore centrali della giornata. Evitare i raggi del sole, però, non è sempre possibile: chi lavora nei campi, chi comunque lavora all’aria aperta è quasi sicuramente soggetto a prendere u suli. Il sole in testa causa degli squilibri forti all’interno del cranio. Miluzza mi spiega questa dinamica: Intra a testa resta u suli, provoca caluri chi ti tocca i punti cchiu delicati da testa. Ci su pirsuni chi sunu cchiu facili a pigghiari u suli di avitri e pi cchissi ecchiu pericoloso. Indebolisci a testa sulu de punti cchiu delicati. (Dentro la testa, resta il sole, provoca calore che ti tocca i punti più delicati. Ci sono persone che prendono il sole più facilmente di altre e per queste prendere il sole è più pericoloso. Indebolisce la testa solo nei punti più delicati).
Dunque, il sole rimane dentro la testa e il suo forte calore causa squilibri, per ripristinare l’equilibrio bisogna fare uscire il sole dalla testa in cui dimora. La cura si effettua nel seguente modo: si prende un bicchiere bianco pieno quasi fino all’orlo di acqua, si aggiungono tre gocce di olio di oliva , si mette in cima al bicchiere una stoffa a trama fitta in modo che l’acqua non passi attraverso; la si pone capovolta sulla testa del paziente e se l’acqua “bolle” vuol dire che c’è il colpo di sole. Più forte bolle più è il dannu chi fici u suli (danno che ha fatto il sole). Dicendo “bolle” non si intende il processo chimico attraverso il quale l’acqua passa da uno stadio liquido ad uno gassoso, ma la comparsa di alcune bollicine d’aria che risalgono verso l’alto e che fanno si che l’acqua contenuta nel bicchiere si muova come se bollisse, Una volta accertato che c’è il sole, e individuati i punti dove il sole ha recato danni, si procede con l’orazione introdotta dal segno della croce.

Suli di livanti
Suli di punenti
Santu Salvaturi                   
luvati stu mali
ppi lu Santu Sacramentu

(Miluzza Palermo, casalinga)

Chiude, infine, il Padre Nostro, l’Ave e il Gloria.

Glenda, invece, apporta una variazione alla precedente orazione:

Suli di livanti
Suli di punenti
ppi lu nostru Santu Salvaturi
luvati stu santu suli.

(Glenda Ciaramella, casalinga)

Segue un Padre Nostro, l’Ave e il Gloria.

oppure

Santa lia, santa Lia,
di lu Carmini Maria
se si veru sulliuni
iu ti preju po Signuri,
se si veru suli caninu
iu ti preju pò Bamminu.
Nesci sulliuni
e vatinni do vadduni
e si parti la calura
e ci lassi li friscura.

(Anonimo)

Tutto questo si ripete per te giorni, al mattino o a digiuno. In entrambi i casi l’orazione è diretta al Santo Salvatore ossia Gesù morto in Croce per salvare l’umanità dai peccati; Miluzza chiama il sole  stu mali (questo male), Glenda lo chiama stu santu suli  (questo santo sole). In pratica, da dovunque venga il sole (levante o ponente) è comunque santo poiché fa crescere le piante, da benessere, ed è indice di tranquillità per il futuro incerto; ma se esposti alla sua azione per un tempo troppo lungo questo diventa dannoso e, come tutte le cose, anche il sole deve essere preso nelle giuste quantità altrimenti causa una disfunzione. Ma a tutto, con “l’aiuto di Dio” c’è rimedio.
Teresa mi riferisce un altro modo per curare i colpi di sole, più meticoloso ed utilizzato per chi ha sintomi più forti. La procedura è la seguente: si prende un piatto o una ciotola piena d’acqua, un bicchiere, una candela, tredici pezzettini di cotone che rappresentano gli apostoli, e un panno rosso che, avendo lo stesso colore del sole, ha la capacità di attirarne il calore verso di sé e, di conseguenza, verso l’acqua benedetta che contiene le tre gocce di olio che a loro volta rappresentano la Trinità. Il panno si pone sulla testa del paziente, sopra di quello il piatto con l’acqua; si bruciano in successione i tredici pezzettini di cotone idrofilo e dopo averli gettati nell’acqua del piatto si coprono rapidamente con il bicchiere: se il bicchiere rimane attaccato al piatto vuol dire che in un punto specifico della testa “c’è il sole”. Attraverso i tredici pezzettini di cotone si riesce a sondare tutta la superficie della testa. L’orazione è uguale a quella precedente. Finita la funzione, l’acqua carica del calore del sole si getta in strada oppure sulla terra nuda oppure ancora su na rasta  (vaso con una pianta); in questo modo, facendo si che l’acqua evapori, il sole si riprende il calore e la parola di Dio, di cui l’acqua è carica, può germogliare e dare i propri frutti. L’equilibrio corpo-natura è ripristinato. Come si acquista il sapere per guarire il sole? Miluzza dice: s’ha insignari duranti a simana santa; a cominciare i lunedì santu finu o iornu i Pasqua, come i vermi ( si deve insegnare durante la settimana santa; a cominciare da lunedì e a finire fino al giorno di Pasqua, come i vermi).
U suli insieme allo scantu, sono le due categorie eziologiche più comuni che si possono trovare a Gela, e di conseguenza, le più facili da curare;  ma vi sono altre malattie molto più gravi a cui si cerca di dare rimedio in modo “tradizionale” senza che però la guarigione sia un evento certo. Tra queste ritroviamo u focu i Sant’Antonio.

 U focu di Sant’Antoniu.

E’ una dermatite di origine virale molto grave che se non curata in tempo si può espandere verso gli strati più interni della pelle fino a provocare la morte dell’individuo, nei tempi più recenti la medicina ufficiale ha individuato farmaci particolarmente efficaci e raramente viene curata tradizionalmente. La cura tradizionale è comunque conosciuta e anche per lu focu di Sant’Antonio vi è un momento manipolatorio seguito da una formula verbale, si prepara, inoltre, anche una dose, ossia un preparato da spalmare sulle ferite. Prima si fa il segno della croce, poi si recita l’orazione:

Sant’Antonuzzu ccu li so voi
a lavurari ti ni vai da so suruzza
scuntrai so suruzza
che mi porti di mangiari?
Zunza di porci e lardu di maiali
Sant’Antunuzzu stu mali mata a luvari

(Nonna Linda)

Segue il Padre Nostro, Il Gloria, L’Ave Maria.

In questa orazione la malattia è intesa come una sorella di Sant’Antonio, so suruzza, dalla quale lo stesso santo va a lavorare; il cibo che le porta corrisponde agli elementi che formano la “dose” e una volta che la suruzza è appagata, la malattia scompare. La dose si fa nel seguente modo: zunza (strutto) di maiale, lardo di maiale e pomata “Canesten”, da passare tre volte al giorno sulle lesioni fino a guarigione avvenuta. La pomata Canesten è un prodotto farmaceutico quindi si nota come la farmacologia ufficiale non sia del tutto rinnegata ma le si riconosca un efficacia.

 U pruppu i ll’occhiu.

U pruppu i ll’occhiu  (letteralmente il polipo dell’occhio, ma si riferisce all’orzaiolo) è un'altra delle infermità  che è possibile curare tradizionalmente, anche in questa pratica teraupetica coesistono due parti: una manipolatoria e l’altra oratoria. L’orazione è la seguente:

Santa Luciuzza ‘ncammira stava
forbici d’oru in manu tinia
idda tagghiava, idda cusiva
Che beddu lu nomu di Santa Lucia
A scuntrau u maestru:
Lucia, chi hai?
A idda chi avia l'occhi malati
, u Maestru ci dissi:
Vattinni all’ortu miu e va cogghi rarici e finocchi,

cu li manu li chiantai, cu li me peri li scarpisaiu
Squagghia sta vina, squagghia pirata
Squagghia stu pruppu che ‘nzanguinatu

(Glenda Ciaramella)

Mentre si recita l’orazione la curatrice passa uno spicchio d’aglio davanti all’occhio mentre la persona malata tiene in mano un coltello dove è stato passato lo stesso spicchio d’aglio.
E’ evidente la relazione tra la malattia degli occhi e Santa Lucia, la Santa cieca che può intercedere presso il maestro e che con il suo operato scioglie la vena insanguinata come la gelata nei campi. 

Fonte: Veronica Ventura

On Punishing the Saints by Arturo Vasquez

On Punishing the Saints

28 07 2008

Over a year ago now, I posted this anecdote,

A widow had only one child whom she tenderly loved. On hearing that this son had been taken [in war] by the enemy, chained and put in prison, she burst into tears, and addressing herself to the Virgin, to whom she was especially devoted, she asked with obstinacy for the release of her son; but when she saw at last that her prayers remained unanswered, she went to the church where there was a sculptured image of Mary, and there, before the image, she said: “Holy Virgin, I have begged you to deliver my son, and you have not been willing to help an unhappy mother! I’ve implored your patronage for my son, and you have refused it! Very good! Just as my son has been taken away from me, so I am going to take away yours, and keep him as a hostage!” Saying this, she approached, took the statue of the child on the Virgin’s breast, carried it home, wrapped it in a spotless linen, and locked it up in a box, happy to have such a hostage for her son’s return. Now, the following night, the Virgin appeared to the young man, opened the prison doors, and said: “Tell your mother, my child, to return me my son now that I have returned hers!” The young man came back home to his mother and told her of his miraculous deliverance; and she, overjoyed, hastened to go with the little Jesus to the Virgin saying to her: “I thank you, heavenly lady, for restoring to me my child, and in return I restore yours.”

-cited by Paul J. Vanderwood in Juan Soldado: Rapist, Murderer, Martyr, Saint

One of the earliest posts I ever wrote told a story similar to this one, and it concerned my family’s devotion to a small image of the the Holy Face, and you can read it again here.

Recently, I encountered two other such anecdotes. The first is from Gumbo Ya-Ya: Folk Tales of Louisiana:

Statues of St. Joseph holding the Christ Child have long been popular for private altars in the homes of New Orleans Creoles; and many New Orleanians carry miniature representations of the saint in small capsules in their pockets or pocket-books. If a favor is asked of St. Joseph and not granted, the figure is sometimes stood on its head as punishment until the wish is fufilled.

St. Joseph is not the only saint who gets punished. In John Ingham’s book, Mary, Michael, Lucifer: Folk Catholicism in Central Mexico, on Saint Anthony’s feast day,

…people take their animals to the church, where the priest sprinkles them with holy water and pronounces a benediction to protect them from harm. Tiny metal figures of animals are pinned to pictures of St. Anthony on family altars. When an animal is lost, villagers put his picture in a box and tie a string around it. When the animal is found, its recovery is considered a “miracle”, and the incarcerated saint is released and rewarded with the miniature image of the animal he has found.

I am tempted to give some form of comment, but I am not going to. Needless to say, this is what I think real religion looks like. He who has ears to hear…

http://arturovasquez.wordpress.com/2008/07/28/on-punishing-the-saints/

 

 

L' orazione del Malocchio

It wasn't too long ago when one did an internet search on mal'occhio there was very little in terms of video -nevermind actual text of the scongiuro. I was probably one of the first people to share my nonna's scongiuro contro mal'occhio on the internet. Soon after, people emailed me sharing theirs. Here is one of the most recent ones posted on You Tube. I've finally gotten around to posting it here. I am not the author. ~Rue
L'antica formula per scacciare il malocchio, usanza ancora in pratica in qualche paese della Sicilia:

Prima di pronunciare l'orazione del malocchio si recita la preghiera Cattolica del Credo.
Poi viene recitata la formula del malocchio:


"In nome di lu patri, di lu figghiu e di lu spiritu santu Ti parru cu prutesta occhi bruttu Ti scunciuru pi patti di Dio e di Maria e di la Santissima Trinità, si ......... (si dice il nome della persona a cui si sta togliendo il malocchio) avi u malocchio a mari mi sinni va.

Scunciuru la 'nvidia, scunciuru lu mummuru, scunciuru lu malocchio, scunciuru li malilingue, scunciuru la jettattura, scunciuru la mavaria, io ti scunciuru pi patti di Dio e di Maria e di la Santissima Trinità, si ....... avi u malocchio a mari mi sinni va.

Cincu foru chi ti vittunu, quattru foru chi ti ducchiaru, tri foru chi ti luvaru U Patri, u figghiu, u Spiritu Santu e la Santissima Trinità, si ....... avi u malocchio a mari mi sinni va.

Fora malocchio intra Maria, fora malocchio intra Maria, fora malocchio intra Maria, fora malocchio intra Maria."

Traduzione: "Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo Ti parlo con disprezzo occhio brutto Ti scaccio in nome di Dio e di Maria e della Santissima Trinità, se .....ha il malocchio che vada a finire in mare.

Scaccio l'invidia, scaccio i mormorii, scaccio il malocchio, scaccio le malelingue, scaccio la jettatura, scaccio la mavaria, io ti scaccio in nome di Dio e di Maria e della Santissima Trinità, se .....ha il malocchio che vada a finire in mare. Cinque sono stati che ti hanno visto, quattro sono stati quelli che t hanno adocchiato, tre sono stati quelli che ti hanno scacciato. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e la Santissima Trinità, se .....ha il malocchio che vada a finire in mare.

Fuori il malocchio dentro Maria, fuori il malocchio dentro Maria, fuori il malocchio dentro Maria, fuori il malocchio dentro Maria."

Mentre si pronuncia l'ultima frase si lasciano cadere dal dito mignolo 4 gocce di olio a forma di croce, dentro un piatto riempito d'acqua. Se le gocce di olio si allargano significa che c'era il malocchio, se le gocce restano ferme non c'era nessuna jettatura. Una volta finita l'orazione, in presenza di malocchio, il piatto viene lasciato a riposare per un paio d'ore, di modo che l'olio di possa allargare del tutto nel piatto, poi il contenuto viene buttato nello scarico in modo che possa finire in mare e disperdersi.

In My Cupboard

-Olive oil this is my staple oil. I use it for all my work.
-Sea salt is a purifier.
-Wine Vinegar is a purifier.
-Liquore Strega* celebration, divination, offering.
-Centerba Toro* protection, health, hex-breaking.
-Honey for love and fertility.
-Rosewater for love and blessing.
-Lavender for love, health and protection.
-Rue for protection and hex breaking.
-Basil for love.
-Rosemary for purification.
-Cinnamon for purification, protection, and prosperity.
-Garlic for health, protection and hex breaking.
-Holy Water

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Correspondents

"There are more things, Lucilius, that frighten us than injure us, and we suffer more in imagination than in reality."

-Seneca, Epistulae ad Lucilium




Conjuration/Spell Craft

In sympathetic magic, the most important thing is working when the moon is right for your specific intention. To attract a certain condition into your life, (i.e.: love), work when the moon is waxing. To rid yourself of a certain condition such as an illness, or hex-breaking, work when the moon is waning. To have your wishes granted, or to give thanks when the moon is full.

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A Prayer

This was sent to me by my friend Mago Ando':

Carte Carte buone carte,
Io vi chiamo da ogni parte
Ci dite una fortuna vera (Tell us a true fortune)
Ma di giorno notte e sera
In nome di Dio e Santa Maria,
Carte Carte Così Sia.

He asked me to translate it to Napoletano:

Cartè  Cartè  buonè  carte,
Iò vi chiamm ra ognì partè
C dicite na' ciorta verà
M e' juorno notta e serà
In nomè e' Dio e Santà Maria,
Càrt Cartè accussì Sià.

I agree with Ando'... way cooler. :)

Benandanti

During the 16th century (and most probably before), in the northern Italian region of Friuli, there were the benandanti. These were all men who were born with a caul (amniotic membrane still attached to the top of the infant's head and forming a veil). Such a person was usually brought into the league of benandanti when he was in his late teens.

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